Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex   lege,
dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  (C.F.  80224030587,  per  il
ricevimento  degli  atti  Fax   06-96514000   e   posta   elettronica
certificata ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui  uffici
in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 domicilia nei confronti  della
Regione  Molise,  in  persona  del  Presidente  pro  tempore  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge  regionale
13 novembre 2019, n. 12, art. 1, recante «modifica dell'art. 2  della
legge regionale 12 marzo 2008,  n.  7  (disposizioni  transitorie  in
materia  di  coltivazione  ed  uso  in   agricoltura   di   organismi
geneticamente modificati (OGM))», pubblicata nel Bollettino Ufficiale
della Regione n.  47  del  16  novembre  2019,  giusta  delibera  del
Consiglio dei Ministri in data 9 gennaio 2020. 
    La legge della Regione Molise qui  impugnata  detta  disposizioni
che ad avviso del Governo, violano la normativa costituzionale, cosi'
come si dimostrera' nel presente atto a mezzo della illustrazione dei
seguenti 
 
                               Motivi 
 
1) L'art. 1 della legge della Regione Molise n. 12/2019 che  modifica
l'art. 2 della legge regionale n. 7/2012, aggiungendo il comma 2-bis,
viola l'art. 117,primo comma della Costituzione,  nonche'  l'art.  36
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,  il  paragrafo  8
dell'art. 26-ter  direttiva  2001/18/CE  introdotto  dalla  direttiva
2015/412/VE. 
    La legge regionale, che modifica l'art. 2 della  legge  regionale
12  marzo  2008,  n.  7  (Disposizioni  transitorie  in  materia   di
coltivazione  ed  uso  in  agricoltura  di  organismi   geneticamente
modificati (OGM),  e'  censurabile  relativamente  alla  disposizione
contenuta nell'art. 1 per violazione dell'art. 117, primo comma della
Costituzione, che impone alle Regioni, nell'esercizio  della  propria
potesta'   legislativa,   il   rispetto   dei    vincoli    derivanti
dall'ordinamento comunitario. 
    In particolare, l'art. 1 della legge regionale aggiunge  all'art.
2 della legge regionale 12 marzo 2008, n. 7 (Disposizioni transitorie
in materia  di  coltivazione  ed  uso  in  agricoltura  di  organismi
geneticamente modificati (OGM) un comma 2-bis, in base  al  quale  la
regione Molise «sostiene  la  fornitura  e  l'utilizzo  dei  prodotti
provenienti dalla filiera corta e dagli organismi  non  geneticamente
modificati negli appalti  pubblici  di  servizi  o  di  forniture  di
prodotti alimentari ed  agroalimentari  destinati  alla  ristorazione
collettiva di scuole di ogni ordine e grado,  universita',  ospedali,
luoghi di cura, gestiti  da  enti  pubblici  o  da  soggetti  privati
convenzionati. Per tale motivo, la fornitura e l'utilizzo di prodotti
provenienti dalla filiera corta in misura superiore al 50  per  cento
oppure l'utilizzo di prodotti non contenenti organismi, geneticamente
modificati, pur nel  rispetto  della  normativa  statale  vigente  in
materia di contratti pubblici, costituiranno titolo preferenziale per
l'aggiudicazione degli appalti di servizi e forniture destinati  alle
attivita' di ristorazione collettiva». 
    La preferenza accordata ai  prodotti  provenienti  dalla  filiera
corta (cd. «prodotti a km zero»), essendo finalizzata a salvaguardare
l'ambiente, si puo' ritenere compatibile con l'art. 36  del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea, che lascia  impregiudicate  le
restrizioni alle importazioni giustificate da motivi di «tutela della
salute e della vita delle persone e degli animali o di  preservazione
dei vegetali», cui  la  salvaguardia  dell'ambiente  e'  strettamente
connessa, (si veda la sentenza della Corte costituzionale n. 292/2013
su una disposizione simile della  legge  regionale  della  Puglia  n.
43/2012). 
    Risulta  pero'  non  compatibile  con  la  normativa  europea  la
restrizione accordata all'utilizzo  dei  prodotti  OGM,  non  essendo
dimostrabile che tali  prodotti  costituiscano  un  pericolo  per  la
salute pubblica. 
    Al riguardo,  si  segnala  che  la  direttiva  2015/412/UE  sugli
organismi  geneticamente  modificati   (OGM),   nel   modificare   la
precedente direttiva  2001/18/CEE,  ha  dato  agli  Stati  membri  la
possibilita' di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul proprio
territorio nazionale - e l'Italia, com'e' noto, e' tra i Paesi che di
fatto hanno introdotto tale divieto  -  ma,  allo  stesso  tempo,  ha
ribadito il divieto di ostacolare la libera circolazione dei prodotti
OGM provenienti dagli Stati membri che  legittimamente  li  coltivano
(vedi l'art. 26-ter, paragrafo 8, della direttiva 2001/18/CE). 
    Per tale motivo, la suddetta preferenza accordata dalla norma  in
esame prodotti non OGM e' suscettibile di costituire un ostacolo  non
giustificato alla libera circolazione di tali prodotti e agli  scambi
intracomunitari e come  tale  di  violare  non  solo  l'art.  36  del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ma anche il paragrafo
8 dell'art.  26-ter  della  direttiva  2001/18/CE,  introdotto  dalla
direttiva 2015/412/UE, secondo il quale: «Le misure adottate ai sensi
del presente articolo non incidono sulla  libera  circolazione  degli
OGM autorizzati, come  tali  o  contenuti  in  prodotti».  D'altronde
sarebbe difficile attribuire ad una simile disposizione regionale una
finalita' ambientale, posto  che  la  commercializzazione  (fase  ben
diversa dalla coltivazione) dei prodotti OGM  ha  lo  stesso  impatto
sull'ambiente dei prodotti non OGM. 
    Costituisce   orientamento   oramai   consolidato   della   Corte
costituzionale quello secondo cui anche l'attribuzione di  un  titolo
preferenziale nelle gare d'appalto a coloro che  utilizzano  prodotti
aventi certe caratteristiche - salvo che cio' non sia giustificato ai
sensi dell'art. 36 Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  -
costituisce un'illegittima limitazione della concorrenza,  integrando
una «misura a effetto equivalente» ai sensi dell'art. 34 del Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea in quanto induce gli  operatori
economici a scegliere l'uso di quei prodotti  al  fine  di  avere  un
vantaggio ai fini dell'aggiudicazione e, quindi,  si  risolve  in  un
disincentivo all'utilizzo di altri prodotti. 
    Si richiama, tra le varie, la sentenza n. 292/2013, ove si legge:
«Questa Corte, con la  sentenza  n.  209  del  2013,  ha  gia'  avuto
occasione   di   dichiarare   costituzionalmente   illegittima,   per
violazione della competenza  esclusiva  dello  Stato  in  materia  di
«tutela della concorrenza» (art. 117, secondo comma, lettera e  della
Costituzione), una norma  regionale  .  .  .  ove  si  stabiliva  che
l'utilizzazione  dei   prodotti   agricoli   di   origine   regionale
costituisse titolo  preferenziale  per  l'aggiudicazione  di  appalti
pubblici  di  servizi  o  di  forniture  di  prodotti  alimentari  ed
agroalimentari destinati alla ristorazione collettiva . . . la  norma
censurata veniva, dunque, ad imporre  all'amministrazione  appaltante
un criterio di scelta del contraente chiaramente idoneo  ad  alterare
la concorrenza, incentivando gli imprenditori ad  impiegare  prodotti
provenienti da una certa area territoriale  .  .  .  a  discapito  di
prodotti con caratteristiche similari, . . . 
    Nel caso oggi in esame, l'alterazione della concorrenza viene  in
rilievo non come  fonte  della  lesione  del  riparto  interno  delle
competenze legislative definito dal citato art. 117,  secondo  comma,
lettera e) della Costituzione - trattandosi di parametro non  evocato
nel ricorso - ma come ragione di contrasto della normativa  regionale
impugnata con il diritto dell'Unione europea e, dunque, di violazione
del precetto di cui al primo comma dell'art. 117 della Costituzione. 
    . . . la «priorita'» riconosciuta a coloro che  si  avvalgono  di
prodotti  trasportati  esclusivamente  all'interno   del   territorio
regionale, . . . , costituisce  una  misura  ad  effetto  equivalente
vietata dall'art.  34  del  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea -  che  ricomprende  ogni  normativa  commerciale  che  possa
ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in  potenza,  gli
scambi intracomunitari - e non giustificata ai sensi dell'art. 36 del
medesimo Trattato. 
    L'art. 36 del Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea,
infatti,  lascia  impregiudicate  le  restrizioni  alle  importazioni
giustificate da motivi di «tutela della salute  e  della  vita  delle
persone e degli animali o di  preservazione  dei  vegetali»,  cui  la
salvaguardia dell'ambiente e'  strettamente  connessa.  Nel  caso  in
esame, . . . la previsione . . . non soddisfa nessuna delle  esigenze
oggetto del regime derogatorio, ma si risolve in un incentivo per gli
imprenditori ad impiegare determinati beni solo  perche'  provenienti
da una certa area territoriale, cosi' da  poter  vantare  l'anzidetto
titolo preferenziale». 
    Anche nel caso in esame, a prescindere dal differente  titolo  di
preferenza accordato (prodotti non OGM invece che prodotti regionali)
ci si trova di fronte ad una misura ad effetto equivalente  idonea  a
disincentivare  l'utilizzo  di  prodotti  OGM,  senza  che  cio'  sia
giustificato ai sensi dell'art. 36  del  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea. 
    Per quanto detto, la legge regionale in esame, limitatamente alla
norma indicata, deve essere impugnata ai sensi  dell'art.  127  della
Costituzione  per  violazione  dell'art.  117,  primo  comma,   della
Costituzione, in quanto  la  misura  potrebbe  ostacolare  la  libera
circolazione delle merci e violare pertanto l'art.  36  del  Trattato
sul funzionamento dell'Unione europea e l'art. 26-ter,  paragrafo  8,
della direttiva 2001/18/CE.